TRAINING PER OPERATORI SOCIALI
Insegnante: Raffaele Pandolfo
Cos’hanno in comune le diverse discipline che dai vari tipi di yoga arrivano ai più recenti e occidentali corsi di mindfulness, passando per il metodo di training autogeno e per le diverse tradizioni di meditazione?
Quale l’utilità per chi lavora nell’ambito delle professioni d’aiuto, dalla psicoterapia in senso stretto, alla riabilitazione, al lavoro educativo e a qualsiasi attività che coinvolge un operatore in una relazione di ascolto, guida e sostegno dell’altro?
Il corso integra fra loro le diverse discipline e tecniche citate, liberate dall’alone esoterico e misticheggiante che spesso le accompagna, per restituirne l’essenza strettamente corporea, neurobiologica e psicologica, sullo sfondo dell’unità mente-corpo che le accomuna.
Molte, inoltre, sono le affinità fra queste discipline e quelle più specificamente terapeutiche e riabilitative: tutte mirano alla piena espressione delle potenzialità di ogni singola persona. Ed entrambe lo fanno attraverso un lavoro simile su se stessi.
L’allievo yoga così come l’operatore implicato in una relazione d’aiuto, sono impegnati in un percorso che richiede presenza mentale e immaginazione creativa, spontaneità e disciplina, coinvolgimento e distacco, flessibilità e stabilità, insieme a un costante allenamento alla consapevolezza della percezione nel qui e ora, senza la quale è più facile teorizzare ma più difficile “stare” nella relazione e riconoscere la realtà emotiva dell’altro, di sé e del campo intersoggettivo.
Gli studi sul cervello, le neuroscienze, la ricerca sullo sviluppo infantile, e diversi contributi clinici, danno sostegno, oggi, a quello che era noto già da tempo alle diverse pratiche di percorso spirituale o di rilassamento psico-fisico: quello che chiamiamo “sé” è essenzialmente un sé corporeo, uno stato o, meglio, una pluralità di stati fisiologici che diventano nel corso dello sviluppo significati psichici e affettivi personali. La coscienza non è, come si è sempre pensato, prerogativa della più recente ed evoluta corteccia cerebrale che caratterizza la nostra specie: i primi elementi della coscienza si formano a livello di tronco encefalico, la struttura più antica del sistema nervoso a cui fanno capo la regolazione delle funzioni autonome, i sistemi che regolano i livelli di attivazione dell’organismo, e tutte quelle funzioni neurovegetative considerate impropriamente “inferiori” nell’uomo. Le prime mappe che il nostro cervello forma riguardano le sensazioni col proprio corpo, da cui emergono le prime attività mentali, le prime espressioni comunicative, le prime distinzioni benessere-malessere, le prime richieste e risposte di riequilibrio, i primi mattoni degli stati del sé. I sentimenti stessi, al di là di una loro visione romantica, non sono che la percezione e elaborazione mentale delle variazioni fisiologiche e degli stati dell’organismo momento per momento.
La regolazione degli stati psicobiologici emotivi, attraverso la regolazione delle funzioni neurovegetative, quindi, diventa un punto centrale per l’autoregolazione del sé e per il senso di continuità del sé, sia da soli che in interazione con l’altro.
In questa regolazione l’emisfero destro svolge un ruolo maggiore rispetto a quello sinistro, attraverso un continuo scambio reciproco di informazioni e stimoli fra le strutture sottocorticali destre più profonde (tronco encefalico e sistema limbico, in cui prendono forma i sistemi motivazionali e le emozioni) e quelle corticali destre (sede di immaginazione, pensiero associativo, creatività) da cui origina l’espressione affettiva conscia e “riflessiva” delle motivazioni e delle risposte somatiche autonomiche.
Nella nostra vita quotidiana, per motivi puramente culturali, l’emisfero che viene maggiormente utilizzato è il sinistro, che presiede al linguaggio, al pensiero razionale, analitico e deduttivo, con scarsi apporti dell’emisfero opposto.
Qual è il problema di un simile disequilibrio? La risposta è complessa se si considera l’importanza che l’emisfero destro ha per la regolazione degli stati che abbiamo visto. Ma diventa immediata e banale se si pensa che l’emisfero sinistro è utilissimo nel trovare soluzioni a problemi di tipo logico e deduttivo, ma incapace di fronte a problematiche “irrazionali” di cui la vita umana è costellata: dai problemi di rapporto e confronto con gli altri, alle comunicazioni implicite; dagli interrogativi su ciò che emerge dal nostro inconscio, fino agli stati di ansia e angoscia patologiche. Il risultato di questa “deformazione culturale” è il senso di frustrazione dell’uomo moderno, tecnologicamente evoluto, di fronte a problematiche interne e relazionali che l’uomo di altre civiltà, magari, avrebbe risolto semplicemente sognando!
PRESENTAZIONE DEL CORSO
Finalità
A partire da queste considerazioni, il corso mira ad attivare un processo di regolazione degli stati del sé attraverso un riequilibrio fra i centri corticali e sottocorticali dell’emisfero destro così come fra i due emisferi, fra creatività e ordine, fra immaginazione e lucidità. Possiamo dire che lo stato di meditazione massima, difficilmente raggiungibile, si può sintetizzare, in termini neurobiologici, proprio come la perfetta sincronizzazione fra i due emisferi, e fra strutture corticali e sottocorticali.
Imparare dei modi per avvicinarci a questo stato è quello che cercheremo di fare, seguendo un percorso che si può suddividere in tre momenti:
1) Percezione di come io sono, di come sto, di come mi percepisco
2) Acquisizione di un metodo attraverso cui posso trasformare uno stato di partenza in qualcos’altro. Ovvero, una strategia di trasformazione di quello che io sono a livello implicito.
3) Sperimentazione di uno stato del sé diverso (mindfulness): uno stato aperto in cui si esplora ciò che accade, in cui il campo percettivo si amplia e gli stati emotivi sono più fluidi ma stabili.
Tecniche utilizzate e struttura degli incontri
Le tecniche che utilizzeremo fanno riferimento soprattutto agli esercizi di meditazione e yoga Kundalini, volti a favorire il riequilibrio dei centri di energia (chakra) che si snodano lungo la colonna vertebrale, corrispondenti, come vedremo, sia a specifiche ghiandole endocrine che a stati di coscienza interiori, e quindi a emozioni. Lavorare sui chakra attraverso specifici esercizi vuol dire, quindi, lavorare sulle basi somatiche delle emozioni, mentre la meditazione immediatamente successiva permette di ampliare la consapevolezza implicita e la regolazione di questi stati, attraverso l’attivazione dell’emisfero destro.
Ogni incontro sarà costituito da tre fasi, che riprendono i tre momenti generali dell’intero programma:
1) Posizioni statiche (asana) e serie di esercizi in movimento: come sono fermo e come sono in movimento (lento, o anche veloce). Attenzione sugli effetti dell’esercizio nel proprio corpo. Gli occhi saranno per questo chiusi o semichiusi in modo da restringe il campo percettivo visivo per ampliare gli altri canali percettivi, compresi quelli propriocettivi ed enterocettivi (sensazioni viscerali). Il veicolo principale sarà la respirazione, la porta fra il sistema nervoso centrale e quello neurovegetativo, la via d’accesso al sistema simpatico e parasimpatico, eccitatorio e inibitorio.
2) Rilassamento, attraverso esercizi di training autogeno. Esso è già di per se una meditazione, la più facile e spontanea. L’attività percettiva interna è molto sviluppata se gli si dà spazio e disciplina. La disciplina che si apprende in questa fase e in questo stato è quella che poi si userà nelle varie posizioni della meditazione che permetteranno l’esplorazione di un diverso stato del sé.
3) Meditazione su ogni singolo chakra. Verrà favorita da posizioni per lo più “scomode”, diverse da quelle neuromotorie precedenti, che permettono di attivare determinate aree del cervello a vari livelli. Attraverso la consapevolezza della respirazione, del battito cardiaco e dell’equilibrio muscolare, possiamo raggiungere la consapevolezza di tutto il corpo e, a questo punto, possiamo focalizzare in modo sistematico la nostra attenzione sui singoli chakra.
In questo percorso ci saranno di aiuto alcune tecniche di meditazione vocale (mantra) e visuale. I mantra sono dei suoni che vengono ripetuti in continuazione e che hanno particolari effetti sul sistema nervoso a causa del loro potere vibratorio. L’effetto più immediato e diretto di queste tecniche è proprio quello di occupare la parte verbale (sinistra) del cervello in modo da interrompere almeno in parte il normale flusso dei pensieri e mettere a tacere la mente pensante razionale, lasciando spazio a quella intuitiva e associativa, e risvegliando il nostro immaginario. La musica sarà un altro veicolo importante nel favorire il più possibile questa integrazione, dando vita a una esperienza multisensoriale che permette di lavorare a diversi livelli di realtà.
Durata e metodologia
Sono previsti otto incontri, ognuno della durata di 2h, cui seguirà, per chi vuole, un momento dedicato alla condivisione dell’esperienza e delle sensazioni evocate.
La metodologia d’elezione sarà quella pratico-esperenziale: solo a partire dall’esperienza diretta e personale è possibile un reale processo di conoscenza che ogni allievo potrà in seguito avviare individualmente, attraverso approfondimenti di tipo più didattico, avvalendosi di materiale bibliografico che potrà essere suggerito o fornito in base agli interessi dei singoli, e facendo riferimento all’insegnante per chiarimenti più specifici.
Benefici del percorso
Gli esiti di questa pratica possono essere diversi.
A livello individuale si è visto che programmi simili hanno avuto, in generale, i seguenti effetti:
1) Aumento delle emozioni positive
2) Capacità di vivere più a lungo nel momento presente
3) Riduzione della reattività allo stress
4) Maggior vitalità cognitiva
Lasciando volutamente aperta la possibilità per ognuno di scoprire e ricercare personalmente nella propria esperienza l’utilità e i benefici che ne vengono sia per sé che per la propria pratica professionale, si possono fare, infine, alcune riflessioni generali rispetto alla valenza intersoggettiva e relazionale di tale programma, e sui suoi effetti sulla comunicazione interpersonale.
Potrebbe essere sufficiente considerare, molto semplicemente, che tutto ciò che abbiamo detto sull’emisfero destro e sulla regolazione degli stati del sé del singolo individuo, vale anche per la persona con cui siamo in relazione. Ecco perché la maggior parte delle comunicazioni interpersonali avviene a livello implicito: si tratta, in linea di massima, di una comunicazione fra emisferi destri!
Ampliare e allenare la percezione e consapevolezza dei nostri cambiamenti di stato, rapidi, impliciti e per lo più non consci, porta a un miglioramento della percezione di questi stati anche nel contesto relazionale.
Affianco a una calma disciplinata e una concentrazione focalizzata, si tratta di acquisizioni che oltre ad essere strumenti sia di autoregolazione che di conoscenza, possono diventare essi stessi terapeutici dal momento che sembrano spesso innescare lo sviluppo di queste capacità autoregolatorie e autoconoscitive anche nell’altro: un vero e proprio contagio emozionale che oltrepassa i limiti individuali.
Conquistare la capacità di essere con noi stessi, in uno stato “meditativo”, in situazioni di vita interpersonali richiede una lunga e approfondita pratica.
Tuttavia questi incontri possono essere il valido inizio di un percorso utile in tutti quei contesti in cui è richiesto di “essere (spesso silenziosamente) in presenza di un altro”, monitorando e regolando i propri stati emotivi in relazione a quelli dell’altro.
Per maggiori informazioni:
[email protected]
cell. 3393694373